domenica 18 maggio 2008

La battaglia finale (l'efficacia delle armi da fuoco) di Luciano Pezzolo

Le osservazioni di Molani sono interessanti e credo meritino qualche ulteriore approfondimento. Occorre anzitutto dire che le nostre conoscenze su taluni aspetti tecnici delle armi dell'epoca sono piuttosto scarse. La loro efficienza, ad ogni modo, non sembra essere stata elevata. La capacità di fuoco e il grado di precisione erano modesti. A un archibugiere occorrevano alcuni minuti (se non era ben addestrato si arrivava addirittura a un quarto d'ora) per ricaricare l'arma e la probabilità di colpire il nemico era buona solo a qualche decina di metri di distanza. E' stata stimata una percentuale di successo del 10-15% a una distanza di un centinaio di metri. L'elevato numero di vittime potrebbe essere dovuto allo scontro ravvicinato, quasi un corpo a corpo. Quanto agli archibugi da ruota, erano considerate delle armi temibili non tanto per la loro efficacia quanto perché si potevano agevolmente occultare, ad esempio, sotto un mantello; inoltre, non erano facilmente individuabili poco prima dello sparo, come invece accadeva per l'archibugio regolare. L'impiego dell'archibugio da ruota non era generalmente consentito alle cernide, se non altro per motivi squisitamente tecnici: in campo aperto era un'arma ancor meno precisa dell'archibugio lungo. Tuttavia il governo poteva concedere licenze che ne consentivano l'uso specie a partire dal 1599, a seguito di una delibera del consiglio dei dieci. Non è chiaro se in taluni momenti i miliziani potessero impiegare tale arma, ma in genere direi di no. Ciò non significa che i contadini di Tignale e Garganano non ne possedessero, così come era abbastanza usuale trovare armi da fuoco nelle campagne venete. Ciò ci conduce a un ulteriore punto: la capacità dei contadini di usare efficacemente armi di fuoco. I miliziani erano richiesti di esercitarsi almeno un paio di volte all'anno e, sebbene non sia facile trarre informazioni affidabili, il grado di addestramento variva notevolmente. Possiamo imbatterci sia in gruppi di cernide abili all'uso dell'archibugio ( e in questo periodo anche del moschetto) sia in miliziani manifestamente incapaci. Occorre comunque rilevare che l'archibugio non richiedeva (a differenza dell'arco) molto addestramento e questo potrebbe indurci a non enfatizzare il ruolo dell'addestramento tra i nostri miliziani. Gli ufficiali dell'ordinanza si concentravano più sui movimenti che i miliziani dovevano eseguire in un ipotetico campo di battaglia piuttosto che sullo specifico uso dell'arma, che forse davano per scontato.

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4 "La battaglia finale (l'efficacia delle armi da fuoco) di Luciano Pezzolo"

  1. Piergiovanni Mometto said: La mano di Zanzanù

    13/05/2008, at 00:02 [ Replica ]

    Scusate ecco qui il particolare di cui parlavo nel post precedente:
    http://zanzanu.bloog.it/resource/generale/manozanzanu.GIF

  2. Piergiovanni Mometto said: Di chi è il fucile di Ton?

    12/05/2008, at 23:27 [ Replica ]

    E' quello di Zanzanù. A sinistra del Ferrarino c'è un ombra scura allungata disposta tra il suo braccio sinistro e il corpo che scompare quando viene attraversata dal braccio e riappare subito dopo. E quello è il suo fucile.Il Forlanino sul fianco porta una spada con la punta ancora intrisa di sangue (forse l'ultima arma che ha usato). Zanzanù nella mano destra ha ancora in pugno la pistola mentre sopra di lui è ancora visibile (una leggera striatura rosa) quella che potrebbe essere stata la sua mano ancora tesa verso l'alto. Del suo fucile non si vede traccia ma fosse stato sul terreno a fianco del corpo, oppure ancora in mano sua qualche traccia (la punta o il calcio) si vedrebbero comunque nella patrte restaurata. Il fatto che così non sia significa che i due sono raffigurati poco prima dell'atto finale, quando Ton gli strappa di mano il fucile e poi lo finisce. E si. E' proprio così. Quello che si vede nell'ex voto, secondo me, non è il cadavere esanime di Zanzanù. In quel momento è ancora vivo e il fucile gli è appena stato strappato di mano dal Ton.

  3. claudio povolo said:

    12/05/2008, at 17:51 [ Replica ]

    Vorrei porvi una domanda, che mi sono inizialmente fatto osservando il dipinto nel punto che Giovanni ha indicato come 'Il mistero...'. L'archibugio che il Ton Bertolaso alza trionfante è il suo o quello di Zanzanù, il quale esanime giace ai suoi piedi e ha ancora la pistola (potremmo dire fumante) in mano?

  4. Piergiovanni Mometto said: Re: L'efficacia delle armi da fuoco

    09/05/2008, at 10:12 [ Replica ]

    Sovvenuto da remoti ricordi ho ripreso in mano il mio saggio Vita quotidiana e cultura materiale, pubblicato un paio di ere geologiche fa nella monografia dedicata alla comunità di Dueville dove accenno alla presenza di armi nelle abitazioni. Solo per confermare che in effetti (come vagamente mi ricordavo) a partire dalla metà del XVII secolo nelle campagne venete gli archobusi "longhi" e "curti" (quelli da roda) sono una presenza quasi costante nelle case, anche nei piccoli centri rurali, e gli agricoltori più benestanti possedevano delle vere e proprie "restelliere" con armi di vario genere. Che poi fossero funzionanti e utilizzate questo è un altro discorso.

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